I miei 5 errori nell'organizzazione e nella pianificazione (e cosa mi hanno insegnato)
- Serena Vella Adamo
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 6 min

Tutti parlano di organizzazione, metodo e pianificazione come fossero strumenti perfetti, sempre lineari e sempre applicabili.
La verità è che non è così e non lo è stata nemmeno per me.
Anche se oggi lavoro con freelance e liberi professionisti, sono arrivata qui passando attraverso errori, blocchi, momenti di grande fatica e situazioni che hanno messo alla prova il mio metodo e la mia lucidità.
Per questo credo molto nella trasparenza: nessuno nasce con un metodo impeccabile. Lo si costruisce, lo si perde e lo si ricostruisce. E si impara.
Oggi condivido i miei 5 errori nell'organizzazione e nella pianificazione che ho commesso
Perché fanno parte della mia storia e perché, forse, riconoscerli può aiutare anche te a sentirti meno sola/o nel tuo percorso.
Partiamo con i miei 5 errori nella pianificazione e nell'organizzazione
Errore 1. Il più recente. Ho gestito male un grande imprevisto.
Gli imprevisti capitano a tutti. Ma non tutti hanno lo stesso peso.
L'anno scorso ho vissuto un lutto molto importante: la perdita di mio papà.
E' stato un momento che ha scosso profondamente la mia vita personale ed emotiva.
Il mio lavoro, in quel periodo, è passato completamente in secondo piano: non riuscivo più ad occuparmene, non avevo energie mentali, e a un certo punto ho chiuso persino il sito che avevo prima.
Oggi lo riconosco con lucidità: non ho gestito bene quell'imprevisto, o meglio non ho saputo gestire il dolore che ha travolto tutto.
Non perché avrei dovuto "resistere" o "continuare a tutti i costi", non credo affatto in questa retorica.
Ma perché mi sono lasciata travolgere senza darmi un contenitore, senza concedermi uno spazio protetto, senza riorganizzare le mie priorità in modo realistico e rispettoso di ciò che stavo vivendo.
Il risultato? il lavoro si è bloccato, io mi sono bloccata, e ci è voluto del tempo per ripartire e non sto parlando solo del lavoro, ma proprio a livello personale. Il lavoro sarebbe stata un salvagente per me invece l'ho affossata e non senza accorgermene, me ne accorgevo eccome ma non avevo la forza di reagire...come se quel dolore me lo volessi vivere ma allo stesso tempo mi sentivo in colpa perché vista fuori sembravo lucida perché dovevo curare comunque mio figlio e stare vicino a mia mamma...mettendo me in secondo piano e senza curarmi di quello che mi stava accadendo dentro e cioè stavo crollando.
Ho subìto tutto per un anno e so che papà non lo avrebbe mai voluto quindi ho rialzato la testa e ho riniziato tutto da capo.
Cosa mi ha insegnato questo "errore"
Gli imprevisti non vanno "schiacciati". Vanno "accolti", messi in ordine, integrati nella vita reale. Il dolore è ovvio ma bisogna trovare la lucidità per andare avanti, purtroppo è così.
Anche nei momenti difficili, serve un minimo di struttura per non perdere completamente la direzione
Non possiamo pretendere di funzionare come sempre quando qualcosa cambia profondamente
Gestire un imprevisto non significa ignorare il dolore e la fatica.
Significa dare un nuovo senso alle priorità, anche solo temporaneamente. Significa proteggersi. Significa non lasciare che tutto crolli insieme.
Errore 2. Cercare di mantenere le stesse routine o lo stesso metodo quando la vita cambia
Questo è un errore molto comune, e l'ho fatto anche io, più volte.
Quando siamo abituati ad un certo ritmo, a certi orari, a un certo metodo, tendiamo a pensare che "basti applicarlo" per fare funzionare tutto. Ma non è così
Le routine funzionano solo se sono coerenti con la vita che stiamo vivendo.
E in alcuni momenti della mia vita, sia per impegni personali, sia cambiamenti lavorativi, io ho continuato a cercare di mantenere:
gli stessi orari
gli stessi flussi di lavoro
le stesse aspettative
lo stesso metodo
Anche quando dentro e fuori di me era tutto cambiato. Il risultato è prevedibile: stanchezza, blocchi, frustrazione, rabbia e...fallimento.
Quando la vita cambia, il metodo va adattato, non difeso.
Cosa mi ha insegnato questo errore?
Le routine non sono rigide: sono strumenti e vanno aggiornati.
Cambiare metodo non significa "fallire": significa crescere e modellare il metodo alla situazione attuale
Il corpo e la mente mandano segnali chiari quando una routine non è più adatta.
La flessibilità è una forma di forza, non di debolezza.
Non esiste un modo giusto di lavorare per sempre. Esiste un modo giusto per te, oggi.
Errore 3. Ho cercato di sforzarmi a usare strumenti tecnologici che non erano adatti a me.
Per molto tempo ho pensato che, per apparire più professionale, avrei dovuto imparare ad usare strumenti digitali complessi: Planner online, app di produttività, software di gestione del lavoro...e Instagram.
Il punto è che non sono una persona tecnologica!
Mi trovo bene con il cartaceo: agenda, evidenziatori, penne, fogli, mappe mentali
É un sistema semplice che per me funziona, ma testarda come un mulo ho perso mesi per imparare...qualcosa ho imparato ma sappiate che Instagram proprio non fa per me!
Per non sentirmi "meno capace", ho insistito a imparare strumenti che non erano nelle mie corde.
Qualcosa ho imparato ovviamente, con tanta pazienza e cocciutaggine, ma ho sprecato ore e ore del mio tempo s qualcosa che non migliorava affatto il mio metodo di lavoro.
Errore numero 4 Cercare di seguire un metodo "universale"
Per un periodo, prima ancora di lavorare, ho fatto quello che fanno in tanti: ho provato a seguire metodi "perfetti", quelli presentati come universali, quelli che dovrebbero funzionare per chiunque, in qualunque situazione.
Il punto è che non esiste un metodo universale.
Esistono strumenti utili, idee interessanti, tecniche che posso aiutare...ma nessuna di queste funziona per tutti, sempre nello stesso modo e con lo stesso risultato.
Per molto tempo ho pensato che il problema fossi io:
"Non applico abbastanza il metodo"
"Dovrei impegnarmi di più"
"forse non sono abbastanza costante"
"forse sono io ad essere negata...e stupida"
Alcuni esempi?
La matrice di Eisenhower è uno strumento validissimo, ma non è utile per chi ha giornate molto variabili, molti imprevisti o priorità emotive oltre che operative.
La tecnica del pomodoro funziona bene per chi ama lavorare in blocchi rigidi, ma diventa stressante per chi ha bisogno di continuità e odia essere interrotto.
Le to do list dettagliatissime funzionano per alcuni, e paralizzano altri.
Eppure per molto tempo ho cercato di adattarmi io al metodo, mentre invece ero io che dovevo adattare il metodo a me, senza stravolgerlo ovviamente.
Cosa ho imparato da questo errore?
I metodi non sono verità assolute: sono strumenti.
Ogni tecnica va scelta, o modificata in base alla persona e al momento della sua vita.
Non siamo noi a doverci adattare dentro un sistema, è il sistema che deve aderire a a noi ( nel mio ambito ovviamente)
Sentirsi inadeguati di fronte a un metodo di time management, pianificazione, organizzazione non significa essere negati o disorganizzati: significa aver scelto lo strumento sbagliato, o anche se fosse giusto non lo abbiamo modellato a noi.
Oggi questo è uno dei cardini del mio lavoro:
Costruire insieme un metodo che funziona per la persona, e non è nemmeno detto che la imbroccheremo alla prima...ci lavoreremo.
Errore 5: creare piani troppo perfetti...e impossibili da seguire
Per molto tempo ho creduto che pianificare significasse prevedere tutto.
Fare un piano perfetto, con tempi precisi, routine impeccabili, orari fissi, to do list dettagliatissime.
Mi sembrava l'unico modo per sentirmi davvero organizzata.
La verità è che un piano troppo perfetto non regge mai nella vita reale.
Ogni volta che cercavo di costruire una pianificazione "ideale", succedeva sempre la stessa cosa:
Bastava un imprevisto e crollava tutto
Bastava un giorno "no" e perdevo il filo
Bastava una settimana più piena e rimanevo indietro su tutto
E più il mio piano era perfetto, più mi sentivo frustrata quando non riuscivo a seguirlo.
Ad un certo punto ho capito ciò che oggi considero una delle lezioni più importanti della mia vita professionale:
Un buon piano non è quello che prevede tutto, ma quello che permette di adattarsi quando qualcosa cambia.
Un piano troppo rigido è fragile
Un piano realistico è sostenibile
La pianificazione non deve essere perfetta: deve essere utile
Se un piano non regge agli imprevisti, non è un buon piano
Serve a lasciare spazio al margine, al respiro e alla vita.
É molto meglio un piano semplice e flessibile che un piano bellissimo...ma inutilizzabile.
E soprattutto: non sei tu a fallire quando il piano non funziona. É' il piano che va ripensato
Oggi, quando lavoro con i miei clienti, costruisco la pianificazione insieme a loro proprio con questo principio: deve sostenere, non schiacciare, deve accompagnare, non costringere.
La pianificazione perfetta non esiste.
Esiste la pianificazione che funziona nella tua vita reale.
Questi sono solo cinque degli errori che ho commesso in passato, ma ce ne sono altri!










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